di Luisa Canzoneri
Buongiorno, Beatrice. Innanzitutto, ti andrebbe di presentarti ai nostri lettori?
Con piacere. Mi chiamo Beatrice Serra e lavoro come junior editor per Sonzogno, una delle più antiche case editrici italiane, che dall’inizio del 2010 è entrata a far parte di Marsilio Editori. Quando mi siedo alla scrivania mi occupo principalmente di quella che nel settore viene chiamata “varia”, spaziando da libri di self-help e psicologia pop a romanzi storici e riscritture del mito, passando per gialli che si tingono di rosa e testi di divulgazione scientifica pensati per un pubblico più ampio. È un lavoro che richiede attenzione al dettaglio, sensibilità per la voce dell’autore e uno sguardo d’insieme sul progetto editoriale, ma ogni libro porta con sé una sfumatura del tutto nuova. Un ruolo un po’ dietro le quinte, certo, ma con una vista privilegiata che non smette di entusiasmarmi.
Quella che segue è una domanda di rito, mi rendo conto, quando si ha a che fare con un professionista dell’editoria, ma è importante porla proprio perché non esiste una risposta corretta, solo tante esperienze diverse. Prima di guardare più da vicino il lavoro dell’editor, vorrei dunque chiederti: quali passi, tra studio e lavoro, ti hanno portata a ricoprire oggi questo ruolo?
Sono arrivata in redazione dopo una laurea triennale e magistrale in Lingue all’Università di Bologna, che ha confermato la mia passione per la traduzione ma mi ha anche fatto capire che volevo lavorare con i libri, entrare dentro i testi. È stato questo il pensiero che mi ha portato a iscrivermi al master in Editoria cartacea e digitale dello stesso ateneo: lì ho scoperto quanto lavoro silenzioso, coordinato e complesso si cela dietro ogni libro, nei diversi uffici e settori che compongono una casa editrice. Da quel momento ho cominciato a cercare ogni occasione per imparare sul campo: stage, letture editoriali, corsi mirati, piccoli incarichi. E ancora oggi sento di star costruendo, giorno per giorno, le fondamenta del mio mestiere.
Parlando di formazione, come sei arrivata alla Matita Academy? In che modo il corso che hai svolto ti ha poi aiutato?
Ho conosciuto La Matita Rossa quando frequentavo ancora la magistrale, cercando online un percorso che mi permettesse di mettermi alla prova come traduttrice. Ma grazie a “Tradurre per l’editoria” ho avuto anche l’opportunità di confrontarmi periodicamente con una tutor esperta del settore, che mi ha fatto entrare con pazienza e professionalità nel mondo della revisione – cosa che, oltre a ravvivare la mia passione per le parole, mi ha dato le basi e la spinta per intraprendere il percorso che mi ha portata fin qui.
«Editor» è un termine che, soprattutto per via dell’influenza del mondo anglosassone, può generare confusione involontaria quando utilizzato con una specifica, come in managing editor o acquisition editor. In generale, che cosa si intende in Italia con editor? E quali differenze intercorrono con la figura del redattore, con cui potrebbe essere confuso?
È vero, in effetti in Italia il termine “editor” ha assunto nel tempo sfumature diverse, anche perché ereditiamo da altri contesti editoriali – in particolare quello anglosassone – definizioni che non sempre trovano un corrispettivo esatto nella nostra realtà. Di norma, per riassumere, credo si possa dire che l’editor si occupa principalmente dello scouting e degli aspetti contenutistici e macrostrutturali di un testo – lavorando sull’idea, sul ritmo, sul tono e sulla coerenza complessiva –, oltre ad accompagnare l’autore in tutte le fasi che portano il libro sugli scaffali delle librerie (e poi anche dopo, contribuendo alla promozione e ai suoi primi passi tra i lettori). Il redattore, invece, segue gli aspetti più “formali”, se così vogliamo dire: correzione bozze, norme redazionali, impaginati, coordinamento del calendario editoriale nel caso di collaboratori esterni. Spesso i due ruoli si parlano da vicino, e in alcune realtà si sovrappongono (anche solo parzialmente). Credo che la distinzione sia utile per orientarsi, ma che alla fine conti la responsabilità condivisa di portare un testo dalla sua forma iniziale a quella definitiva con quanta più cura possibile.
In linea di massima, si può che il lavoro dell’editor consta di tre fasi: scouting (non sempre), macroediting (o editing strutturale) e microediting (o editing stilistico). Potresti parlarcene più in dettaglio?
Provo a riassumere per sommi capi: possiamo dire che lo scouting è il momento della ricerca, dell’ascolto, dell’intuizione. Può nascere da una proposta ricevuta, da una segnalazione, da una lettura casuale, dal profilo di una content creator che ha qualcosa da dire. È una fase che richiede grande attenzione: bisogna capire se quella voce ha un posto nel catalogo e qual è il modo migliore per valorizzarla. Il macroediting, come accennavo prima, riguarda invece la struttura del testo: l’architettura, il ritmo, la coesione e la coerenza tra le parti. Si lavora insieme all’autore per capire cosa può essere rafforzato, snellito, approfondito, rivisto, aggiunto, spostato, eliminato. Il microediting, invece, è il lavoro sulla lingua: si rifinisce lo stile, si lavora sul lessico, si cercano equilibrio e precisione. È una fase minuziosa, ma indispensabile per dare al testo compattezza e respiro. In tutte le fasi, credo che due degli elementi imprescindibili siano il dialogo e l’apertura all’imprevisto.
Ti è mai capitato di fare scouting per Sonzogno? Come si svolge di solito la ricerca? In che modo la linea editoriale delle collane influisce sulla tua ricerca?
Sì, e ultimamente mi capita piuttosto spesso. Dal mio punto di vista, lo scouting è una delle parti più creative del lavoro editoriale, ma anche una delle più complesse: si legge molto, si osserva, si annota, si tiene d’occhio questo o quel profilo, si partecipa alle fiere di settore. A volte è un dettaglio, una voce fuori campo, una frase che resta in mente a far scattare qualcosa. Ma l’intuizione non basta: bisogna anche pensare al libro nel suo insieme, alla collana in cui potrebbe uscire, a come potrebbe essere accolto. E poi bisogna “portarlo in redazione”, presentarlo, argomentarlo. Credo non ci sia una formula unica per fare scouting, ma per semplificare potrei dire che si cerca un’idea forte, sostenuta da una scrittura che sa dove andare – o che è disposta a lavorarci. E poi ci sono le domande pratiche: è in linea con il catalogo? C’è margine di intervento? Quali sono i costi? Se tutte queste condizioni si allineano, allora nasce un sì – il primo, importantissimo passo verso la pubblicazione.
A proposito, si può dire che la relazione con l’autore costituisce il 70% dell’editing. Come si fa a instaurare (e a mantenere) un rapporto sano e costruttivo per arrivare alla migliore versione del libro possibile?
Questo secondo me è uno degli aspetti più delicati e personali dell’editoria, quindi credo non si possa dare una risposta che valga in assoluto. Personalmente, posso dire che cerco sempre di partire dall’ascolto e dal rispetto: ogni autore ha un proprio modo di relazionarsi con il testo e con il lavoro editoriale. C’è chi ama il confronto continuo e chi preferisce tempo e spazio per riflettere, chi ha le idee più chiare e chi viene spronato dall’ansia da deadline. L’editor deve saper leggere queste dinamiche e adattarsi, creando un ambiente di lavoro trasparente, sereno, quanto più possibile aperto al dialogo. È importante argomentare le proposte, saper dire “forse possiamo provare così” ed eventualmente arrivare a un compromesso. Ma l’aspetto che più amo è quando si crea un entusiasmo condiviso, una sinergia che va oltre il singolo libro e che a volte, fortunatamente, dura nel tempo.
Il lavoro dell’editor, però, non termina una volta consegnata la bozza finale, ma prosegue anche dopo la pubblicazione e l’uscita del libro in libreria. L’editor arriva così a mediare tra libro, autore e colleghi. Come si articola questa fase di accompagnamento?
Dopo la pubblicazione, il lavoro cambia forma ma non si conclude. L’editor resta un punto di riferimento: aiuta l’autore a prepararsi per le presentazioni in libreria, lo affianca nel dialogo con l’ufficio stampa, il marketing e i social, contribuisce alla stesura dei materiali per i lettori o per la promozione. È una fase che richiede disponibilità, attenzione e una certa sensibilità comunicativa: ogni autore vive il momento dell’uscita in modo diverso. A volte basta esserci, altre volte serve intervenire con più continuità.
Per concludere, ti va di consigliarci alcuni libri, usciti o di prossima uscita per Sonzogno?
Molto volentieri, anche se sceglierne solo alcuni è difficilissimo… Tra i titoli recenti a cui sono più affezionata c’è sicuramente Io, Casanova, il secondo romanzo di Ida Amlesù: una storia che restituisce nuova profondità a un uomo poliedrico guardandolo attraverso due paia di occhi, raccontando il destino di due anime affini che non smettono di perdersi e ritrovarsi, di condannarsi e salvarsi a vicenda. Altro titolo a cui tengo molto è Fortuna Fatali e il mistero della medusa, arrivato in libreria il 4 giugno: è la storia di un’investigatrice con la sindrome dell’impostore, di un bagnino con la pancetta (ma comunque molto figo) e di un cold case da risolvere (perché no, anche grazie all’aiuto dei pettegolezzi). Di prossima uscita, invece, posso anticiparvi che a settembre arriverà in libreria un esordio che gira attorno a una ragazza muta, a un abito senza tempo e all’eclettica figura di Mariano Fortuny, a cui noi veneziani siamo molto legati. Se volete saperne di più, non posso che concludere invitandovi a seguire i canali social di Sonzogno!

